CONVERSAZIONE SCENICA
di e con
DOMENICO IANNACONE
Le storie più straordinarie sono quelle che ci passano a fianco senza che ce ne accorgiamo
Dopo tanti anni potrebbe nascere spontanea la domanda: quale è il senso dell’invito che ogni 23 Febbraio arriva per ricordare Luca?
Tutto parte da quella sera del 23 Febbraio 1986 che segna un prima e un dopo. Un dopo che poteva essere costruito in tanti modi: lasciasi soffocare dal dolore oppure prendere in mano i fatti e chiedere giustizia con determinazione ma senza spirito di vendetta. Fermarsi ad una sentenza di tribunale non era però quello che poteva da solo aiutare a dare un senso ad una morte assurda.
In questo lungo cammino che dura da 39 anni abbiamo scelto di non ancorarci a quella sera del 23 Febbraio e di prendere invece il coraggio di guardare avanti.
Questi incontri nascono quindi dalla scelta di tenere vivo un fatto tragico attraverso la proposta di momenti di riflessione, che ci interrogano sulla realtà che viviamo, e Luca per come era, per quello in cui credeva è dentro a queste proposte.
La presenza di Domenico Iannacone, con il racconto di storie tratte dal suo spettacolo “Che ci faccio qui In scena”, storie straordinarie per la forza che ci comunicano, sta dentro al percorso che da anni abbiamo cercato di seguire.
Siamo immersi in una realtà che non lascia molte speranze rispetto ad un futuro diverso, dove parole come ascolto, accoglienza, condivisione, giustizia, diritti sembrano senza un futuro concreto. In periodi come questi per non non lasciarsi avvolgere dal pantano che ci circonda, dallo sconforto dell’inevitabile, resistere può anche significare partire dal piccolo, scoprire che il cambiamento è possibile iniziando dal quotidiano per ricostruire con caparbietà.
Piccole gocce, sempre con la convinzione che l’obiettivo finale è credere che “un altro mondo è possibile”.
Il piccolo sono le storie, spesso sconosciute, che si incontrano nel racconto di Iannacone; storie tese a mostrare al mondo la parte più in difficoltà, che soffre e che ha bisogno di essere ascoltata.
Tutto questo senza un approccio pietistico che le svilirebbe. E’ una denuncia, ma anche una proposta, una nuova visione per un cambiamento.
Storie da far risplendere, portandole fuori dall’oblio in modo tale che abbiano anche valore simbolico per gli altri.
Come dice Iannacone: “Noi dobbiamo incidere e questo significa non essere mai privi di speranza. Le storie narrate potranno essere un pugno nello stomaco ma il narrare apre il cuore a prospettive inaspettate”. Ogni tanto c’è bisogno di emozioni, di emozionarsi.
Anche questo spinge a resistere.
“La tua ricchezza non è chiusa in una cassaforte, ma nella tua mente. È nelle emozioni che hai provato dentro la tua anima”. Alda Merini